«Le ultime tenebre avvolgono la città come una pellicola. Si cominciano a vedere i furgoni della spazzatura. Danno il cambio a coloro che hanno passato in piedi la notte qua e là nella metropoli, e ora iniziano ad avviarsi verso le stazioni. Come un banco di pesci che segua una corrente, si dirigono tutti verso il primo treno. Hanno posizione sociale e competenze differenti, ma sono ugualmente silenziosi, sia i lavoratori che hanno finalmente terminato il proprio turno, sia i giovani che hanno fatto baldoria fino all’alba e ora sono stanchi. Persino le giovani coppie che stanno abbracciate davanti ai distributori automatici di bevande non hanno più parole da scambiarsi. Si trasmettono in silenzio il poco calore che resta loro in corpo. Il nuovo giorno sta per arrivare, ma quello vecchio sta ancora trascinando il suo pesante orlo».
(Haruki Murakami, After Dark)
Chiang Mai, 5 luglio 2019
Ore 15.00
Stamattina mi sveglio.
7.40.
9.20.
11.30.
Stamattina mi sveglio.
Ormai è una tabella di marcia fissa, se non passo tre o quattro fusi orari non riesco a venire al mondo. Riesco a fare colazione con avocado e pane vegano al tofu, oltre ad una micidiale combo di tè masala con dentro il cioccolato al masala sciolto. Una masalatrioska.
Faccio conoscenza col proprietario del locale. Un altro americano mezzo hippie caporale dell’esercito dei disperati espatriati, che vive con la testa ancora negli anni ’60 e le uniche coordinate geografiche percepite del luogo in cui abita ormai da mezza esistenza sono i centri massaggi. E questo è il meglio che offrono i miei risvegli a Chiang Mai. Se non altro li conosce davvero tutti e dà ottimi consigli in merito. Passo il resto del pomeriggio a lavorare al Power Point per la presentazione all’ICTM di Bangkok.
Ore 23.13
Il tokay batte i rintocchi
Si aprono i giochi
Si chiudono gli occhi
Nella città che dorme
Una soda per ogni amico che porti
Un sorso di birra
Ogni tre punti
Okkei, okei, okay
Sono aperte le danze
Al suono dei batacchi
Degli orologi statici
Nei luoghi d’incontro
Del tuo soggiorno e-statico
È ancora domani o è già oggi
Nel paese dei balocchi?
Oggi pomeriggio altre due esperienze “tipiche” (#autenticity) in quel di Chiang Mai. Come da copione, soppeso ciò che offre la city secondo i locali versus quello che offre la Lonely Planet. Inizio dalla Thailandia del “pianeta solitario”: sul menù abbiamo centri massaggi (oggi è proprio un leitmotiv). Grazie all’amico di stamattina riesco a selezionarne uno che offre un buon rapporto qualità-prezzo e risparmio qualche migliaio di baht. Riesco a rimanere nella “zona di sicurezza”, dove posso guidare indisturbata con la mia patente non valida, ormai ho l’ansia della polizia. Ogni volta che vedo un posto di blocco mi vedo come Bridget Jones ad insegnare hit di Madonna alle carcerate autoctone.
Eva mi lascia il motorino e le indicazioni stradali. Inutile dire che mi perdo e finisco dritta dentro l’università per poi invischiarmi in una serie di inversioni a U, e risbucare quindi davanti al centro massaggi che scopro essere a soli 300 metri dal Kanith. Potevo andarci a piedi. In effetti, mi perdo comunque anche in quei 50 metri a piedi e finisco all’Ibis Hotel senza alcuna logica. Il Nirvana Massage era esattamente a 10 metri dal mio motorino, ma dalla parte opposta a quella verso cui mi sono incamminata. Non mi sono neanche disturbata a guardarmi attorno.
Dato che ho un’attesa di 45 minuti, decido di mangiare al sushi bar a fianco, dal nome emblematico Tsunami. L’amico aveva ragione, il posto è di poche pretese (hanno stuoie a terra invece dei lettini) ma è economico ed efficace. Esco rinata. Tempo di un tè caldo e una quindicina di “Khob khun kah” seguiti da inchini melensi e vado a riprendere Eva.
Ora viene la parte “locale”. Oltre ai jazz club, ai mercatini notturni e ai postacci loschi, sperimento uno dei passatempi più amati in quel di Chiang Mai: i giochi da tavola. Andiamo ad una sala giochi vicina all’università, ovviamente gestita da un americano, e tendenzialmente piena di nerd da ogni parte del globo. Hanno tanti giochi che potresti passare settimane seduto senza mai rigiocare allo stesso gioco (oltre che non mangiare, non lavarti, non vivere…). Inutile dire che io non ne conosco neanche uno. Sono ferma a Cluedo e Monopoly.
Gioco con Eva e un altro americano ad un gioco che si chiama Gizmos. In pratica un gioco d’ingegno in cui devi impazzirti a scegliere, ricercare, collezionare e archiviare carte acquisendo punti in qualche modo. In quale modo non l’ho mai capito, neanche alla fine del gioco. Perdo, malamente.
Mi rifaccio della brutta figura facendo notare al proprietario che chi porta un nuovo cliente ha diritto ad un drink omaggio. L’ho intuito da un avviso vicino alla cassa. Torniamo a casa con una soda. Ricchi premi e cotillon. Mentre mi riallaccio i sandali al buio del parcheggio un tokay ride di me dai meandri della notte: “Okkei, okkei, okkei”. Quanto mi era mancato!
Chiang Mai, 6 luglio 2019
Ore 11.00
Le fronde
Libere
Stanotte, al vento
Oscillano vertiginosamente
In un senso di inquietudine
E lontananza.
Il cielo giallastro delle tre del mattino
Il condizionatore turbina
Sembra il vento stesso,
Finto, meccanico, posticcio.
Quel vento caldo
Che scompone i rami
Liquefà gli animi
E dentro il gelo.
Sveglia alle 9.00.
Ci siamo quasi.
Sveglia alle 10.30, alle 11.00.
Il jet-lag delle 7.00 è stato ufficialmente sconfitto.