Voci dal nord

Capitolo 25 – In partenza

«È nelle attese che si incontra il mondo».

(Paolo Rumiz, Trans Europa Express)

22 luglio 2013
Ore 19.40
Sala comune dell’ostello
Tavola rotonda made in IKEA

È la nostra ultima sera in Finlandia, sembra di essere qui da una vita intera.

Fra si è andata a lavare (“Così me basta pe’ due giorni” cit.). Abbiamo appena finito di sorseggiare una Coca-cola zero, sgranocchiando dell’ottimo muesli al gusto mela e cannella, gentilmente offerto dalla casa. Un momento di relax dopo i traffici frenetici in città, il tentativo di smaltimento provviste e la preparazione bagagli.

Stamattina, un altro grande spettacolo è stato offerto dal Cheap Sleep Hostel, tra le 8.30 e le 9.00. Evviva, è ricominciata la stagione. La situazione è questa. Arrivo nella sala comune e mi siedo vicino a Fra che, come al solito, è intenta a sorseggiare il suo tè. Mi appresto a tirare fuori le mie cibarie da colazione dalla busta dell’S-market, quando…

Fra: “No ti prego, guarda!”

Mi giro verso il bancone della Reception.

Fra: “Non noti nulla?”

Me: “Non vedo bene, che succede?”

Fra: “Stanno impilando pacchi e pacchi di pannolini vicino la scrivania…”

Nel frattempo, passa il vecchietto col quale avevamo avuto una piacevole conversazione due sere fa… vestito da ciclista, trascinando una carriola con una bandierina issata. Me: “Vabè, ho capito l’andazzo stamattina… vado a rimediare un po’ di caffè”. Detto ciò, mi alzo e vado verso il bancone. Sopra al microonde, come un faro, risalta il barattolo del Nescafè al cappuccino. Mi ci fiondo come un avvoltoio su una carcassa ma poi, in un attimo di rinsavimento, penso di chiedere ai ragazzi lì vicino se fosse loro. Non lo è.

Ne verso quintali in una tazza di acqua calda. Mentre alzo lo sguardo per rimetterlo a posto, mi accorgo di trovarmi faccia a faccia col pazzo che sbatte. Lui mi guarda, ride e blatera qualcosa.

Scappo da Fra con la coda tra le gambe. Fra: “Non vorrei dirtelo, ma mi sa che hai appena fregato il caffè al matto…”. Mentre mi assale un brivido di terrore, noto con piacere che ha trovato un altro passatempo. Lo vedo che prende un pezzo di pane, lasciato sul bancone dai ragazzi (prontamente defilatisi). Lo fissa. Comincia a dirgli qualcosa. Poi, sempre continuando la conversazione, comincia a camminare col tozzo di pane in mano, tipo Amleto, avviandosi verso il frigo. E così, di botto, si infervora: apre lo sportello del frigo e tira violentemente il pezzo di pane dentro, richiudendo con sbattimento (un po’ci era mancato il cavallo di battaglia). Quindi, ancora indignato col pane, se ne va e, passandomi dietro, lancia un rutto apocalittico.

Me (soffocando dalle risate): “Fra ti sei persa la scena”.

Fra: “Ah ma me lo sono già ampiamente goduto stamattina, prima che venissi”.

Me: “Oddio, che ha fatto?”

Fra: “Mi sono seduta al computer per vedere i prezzi della nave per Tallinn… appena mi ha vista è venuto a chiedermi se poteva usare il computer… senza logica… gli ho detto che avevo appena iniziato ad usarlo, cosa che poi aveva visto benissimo, e se ne va. Ma non finisce qua: ad un certo punto comincia a dare capocciate a tutte le lampade della sala in fila, finché il tizio della Reception non gli urla qualcosa, e allora si calma…”.

Me: “Adesso comunque è al computer, ce l’ha fatta!”

Fra: “Si, l’ho visto. È fermo alla pagina del log-in di Facebook… da un quarto d’ora…”.

Me: “Ma cosa sta scrivendo allora?”

Fra: “Ah, guarda, non lo voglio sapere”.

Mentre mi giro per lasciarmi alle spalle il pazzo e tutto ciò che accade nel suo mondo, intravedo un’altra delle star di punta…

Me: “Fra, guarda chi c’è! Questo sono tre notti che lo becco vestito tutto di bianco, più un berretto rosa Paris Hilton, che dorme sullo stesso divano nella stessa posizione…”

Fra si gira a guardarlo di malavoglia.

Me: “Ma… ha dei tacchi! Sono dei sandali alti dodici centimetri… arancioni!”.

Rimango con la stessa espressione per qualche secondo, a riguardarmelo instupidita.

Fra (con estrema nonchalance): “Ah se li è cambiati, l’altro giorno li aveva bianchi laccati…”.

A questo punto, siamo sature. Ci trasciniamo fuori dall’ostello nella più totale rassegnazione. Abbandonato il set di Twin Peaks, prendiamo il nostro amato tram e ci dirigiamo a sbrigare le commissioni cittadine. Oggi, in via del tutto eccezionale, indossiamo abiti civili. Non sembriamo noi: pantaloni e felpe nuove di Seppala dai colori improbabili, in pieno stile color-block finlandese. Verde e giallo brillante, verde acqua, lilla… tutta vita. Prima tappa: il porto. Dopo un giro al mercato in cerca di cibo tipico (in venti giorni di viaggio non ci siamo ancora riuscite) ce ne andiamo, come al solito rapide e indignate, al Centro Informazioni Turistiche per prenotare i biglietti della nave per Tallinn. Ci dicono che le spese di commissione ammontano ad otto euro, a meno che non andiamo direttamente all’agenzia. Andiamo all’agenzia. Con 26,50 euro a testa, riusciamo a prenotare il traghetto delle 7.30 di domani mattina, schifando quello delle 16.30 perché se non facciamo le solite levatacce non siamo contente.

Finito il dovere, come consueto, è tempo del piacere. Andiamo subito subito da H&M a portare alcuni panni usati da dare via nell’apposita raccolta (selezioniamo quelli che ancora si tengono insieme), che dà diritto al 15% di sconto sugli altri articoli. Poi ci facciamo un giro all’Hard Rock, tanto per fare le turiste del caso. Infine tentiamo la mission impossibile: trovare un ristorante tipico finlandese, magari a buffet, per pranzo. Dopo giri immani, otteniamo informazioni stranamente precise ed accurate da persone estremamente gentili. Una dolcissima signora si cimenta con tanto di cartina. Un altro signore ci accompagna per parte del tragitto conversando sul clima di Roma.

Approdiamo dunque nel quartiere dei ristoranti e cominciamo ad esplorare prezzi e menu. Tra un’occhiata e l’altra, ci accorgiamo che c’è un nome che ricorre: MATTI. Matti center, Matti Imperial, Matti, Matti, Matti ovunque! Abbiamo trovato la base operativa.

Scartiamo vari bistrot di classe dai prezzi esosi, diverse taverne pretenziose, innumerevoli thailandesi, e approdiamo da lui: il Tony’s buffet di-vino. Nonostante ci rendiamo perfettamente conto che si tratta di un ristorante italiano dal nome imbarazzante, decidiamo che è quello più conveniente. Per 7,90 euro abbiamo a disposizione un intero buffet di cibo sano e gustoso. Facciamo abbuffate delle insalate più varie (versandoci litri di aceto balsamico), zuppa di salmone e ginepro a volontà (ho riempito il piatto tre volte), pane vero, caffè, biscotti… e tovaglioli. Ormai è deformazione professionale. L’unica pecca è la fretta che ci hanno messo perché stavano chiudendo. Ergo: ci siamo ingozzate a tempo record come due tacchini per il ringraziamento. Ma ci siamo vendicate al bancone del bar… dico solo che abbiamo bustine di tè sufficienti ad aspettare Godot.

Dopo pranzo, decidiamo di fare una bella passeggiata per la città, per digerire la mole di cibo che gravava sui nostri stomaci (abbiamo dovuto smettere di canticchiare una canzone dei Nightwish rimastaci in testa da Imantra, perché ci faceva male il diaframma). Neanche ci azzardiamo a fare due passi, che scatta il diluvio universale. Tiriamo fuori k-way e buste, e corriamo a rifugiarci dove possiamo. Ne approfittiamo per visitare la chiesa scolpita nella pietra, a due passi da lì. Una visita breve e indolore, e siamo da capo a dodici.

Boicotto con tutte le mie forze il castello di Helsinki (con relativa passeggiata di due chilometri nel verde dell’isola). Ci vediamo costrette, infine, a ripiegare su vecchie alleanze e, anche in virtù del fatto che questo è il nostro ultimo giorno in Finlandia, ne approfittiamo per un addio alle armi, in ordine: S-market, K-market, Lidl. Proviamo anche la metro di Helsinki, per sbaglio. Attirate dalla scritta Lidl, come due beagle alla vista di una palla da tennis, ci fiondiamo sotto la stazione, ma non troviamo nulla. Trattavasi di mero cartello pubblicitario. Ma, dato che ci siamo e l’abbonamento ce l’abbiamo, ne approfittiamo per farci una cultura underground, senza rimanerne colpite più di tanto (“Sembra la metro A” cit.). Tra i vari giri, acquisto due CD di musica indie-rock finlandese, in uno dei tanti fantastici negozi di musica rock e metal, nel quartiere dei Matti. Per fortuna ho trovato un commesso sveglio che ha saputo consigliarmi bene e mi ha fatto sentire un sacco di cose. Oggi ci siamo anche evitate le consuete soste a Cafè e fast food per usufruire del bagno, grazie al reperimento di bagni gratuiti (tra cui quello della stazione, non gratuito ma divenuto tale grazie ad un meccanismo a staffetta: il tizio prima di me non ha richiuso la porta, evitandomi di inserire venti centesimi per farla riaprire, stessa cosa che ho fatto io con la signora dopo di me).

Addio all’Smarket

22.15
Dopo cena

C’è stata una pausa cena nel frattempo. Ma ci arriveremo.

Insomma, dopo un pomeriggio all’insegna della frivola vita cittadina, torniamo all’ostello cariche delle solite buste di Seppala, S-market e K-market. Dopo qualche attimo di relax (di cui sopra), Fra si reca a fare il bucato, gentilmente offerto dalla tizia dello shampoo (“I miei calzini sanno di pesca, devi sentirli” cit.), mentre io mi calo nei panni dell’amanuense. Il mio lavoro è interrotto solo momentaneamente dal tizio del cacciavite col cartone di latte che, se togliamo questa discutibile attitudine, sembra un ragazzo carino e a modo. Dice che si è avvicinato al mio tavolo perché è attratto dalla parlata italiana, lui ama l’Italia e l’anno prossimo vorrebbe andarci. All’inizio pensava fossi spagnola ma poi ha capito che era italiano perché l’italiano è più bello. È la prima conversazione decente che faccio da quando siamo qua. L’ho fatta con un tizio che teneva in mano un cartone di latte e un cacciavite, ma rimane comunque il primo in tendenze.

Fra viene ad interrompere la mia opera di scrittura per desinare assieme. Ergo: per dare fondo alla scorta di cibi aperti non trasportabili in Estonia. Una nuova opera culinaria prende vita:

– Insalata di patate e cetrioli avanzata da ieri, sigillata con scotch

– Ultime fette di prosciutto risalente, forse, addirittura a Kuusamo

– Pane rubato oggi dall’italiano, che ha perso un po’ di fragranza ma rimane comunque la cosa più decente di tutto il pasto

– Tortine di riso comprate da Lidl, perché “Non ne abbiamo bisogno ma sono in offerta a 25 centesimi”

– Banane e mele fino a morire

– Yogurt ai frutti rossi da un litro, che è da tre giorni in frigo e non riusciamo a finire (è come se qualcuno lo ricaricasse di notte), mischiato a muesli alla cannella. Risultato: due tazze di improponibile pappone

– Tè Lipton alle spezie (uno dei tanti rubati chissà dove)

Voglio uccidermi di Biochetasi. Domani mattina salperemo in nave, non ci voglio pensare.

Mentre lavo i piatti, rimedio un sorriso ammiccante dal matto che sbatte e ho il piacere di rincuorarmi del nostro scempio culinario assistendo a quello di un gruppo di russe: pasta scotta con wurstel bolliti interi e burro sciolto. Tutta salute.

Ed ora sono qui seduta a scrivere e fare conoscenze (è proprio serata).

Ore (boh, forse è l’una, a senso)
Letto

Non faccio in tempo a mettere il punto alla frase dell’ultimo paragrafo (in realtà neanche a finirla, l’ho terminata ora), che si avvicina un ragazzo biondo, Stephen.

Stephen: “Hi, where are you from? England?”

Me: “No, Italy…”

Niente, non ce n’è uno che azzecchi le coordinate geografiche.

Stephen: “Ah, ‘cause your English is very good!”

Capisco che non è un linguista.

Me: “Thanks, and you?”

Stephen: “Canada, Vancouver”.

La conversazione procede tra un “Che fai nella vita” e consigli su Tallinn, a cui pare tutti andranno domani. Ecco perché sono finiti i posti sui traghetti. Cheap Sleep Hostel: il tour (e nella mia mente immagini del pazzo che tenta di far affondare la nave, orge in stiva, un albero maestro di lattine e tutto il resto del repertorio traslato in ambiente marittimo). Insomma, ci mettiamo a parlare e mi invita a prendere una birra fuori. Gli dico che non sono sola, sto con un’amica che mi aspetta per fare i bagagli e domani mattina dobbiamo svegliarci alle 5.00 (siamo le uniche che hanno preso la corsa dell’alba, ovviamente). Seguono saluti e pacche sulle spalle con Stephen. Nel frattempo, dietro passava un ragazzo napoletano, Gennaro, che si è sentito tutta la conversazione. Si ferma al mio tavolo (c’è la fila stasera) e cominciamo a parlare:

Gennaro: “Sei italiana pure tu! Di dove?”

Me: “Roma. Tu?”

Gennaro: “Napoli. Si sente?”

Me: “Si”.

Finalmente.

Gennaro: “Che fai di bello a Helsinki?”

Spiego tutta la faccenda dei reportage, i festival musicali, l’Orso, l’idea dell’interrail… e anche lui mi racconta la sua storia. È un ex scout che ha avuto la fortuna di capitare in un gruppo di girovaghi che organizzavano campeggi in giro per il mondo. Così gli è nata la passione per i viaggi. Laureato in geologia, ha deciso di mollare tutto e mettersi a girare il mondo. In due anni è tornato a casa due mesi, dopo essersi visto tutto il sud-est asiatico, ora è ad Helsinki, domani a Tallinn (con il traghetto delle 12.40… no comment). Ci siamo dati appuntamento lì, così. Dopo continuerà con Lettonia, Lituania, Mosca, Transiberiana fino in Mongolia, Cina, Corea, Giappone e Vancouver (dove starà sei mesi per lavoro). Tutto ciò in completa solitudine. Abbiamo parlato per quasi due ore e mi ha anche offerto una camomilla, tra cartine geografiche, diari (che scrive anche lui) e libri di Kipling. Si è stupito di come due giovani ragazze italiane abbiano deciso di intraprendere un viaggio del genere. Dato che ha studiato dieci anni in conservatorio ed è interessato al lavoro etnomusicologico, ha deciso che verrà anche lui al festival di Viljandi, in Estonia, dove abbiamo il nostro ultimo fieldwork.

E così, dopo giorni di presenze inquietanti e incontri (fin troppo) ravvicinati di tipo inclassificabile, conosco un’ottima persona… il giorno prima di andarcene.

Dopo aver dato la buonanotte a Gennaro, mi accingo all’impresa forse più ardua di questi giorni: ficcare la mole di acquisti nello zainone. Trascinato nell’anticamera tutto l’armamentario, mi do al solito show di pezzi volanti qua e là, davanti ad un gruppo di spagnoli seduti sui divanetti… intenti a tradurre un film porno dal finlandese allo spagnolo tra pasta ai wurstel con ketchup (è proprio il piatto della casa) e grasse risate. Alla fine, innumerevoli litri di sudore dopo, faccio entrare tutto… tranne la spesa. La maledetta spesa. Ho dovuto fare una borsa a parte (quella con la stampa del cocomero, per l’esattezza) contenente tutte le scorte, divise in reparti:

FORNO

– Due pacchi di ciambelle di pane dolce

– Un pacco di piadine

– Pacco formato Compagnia Easy di panini (con la maggior parte dei quali si può giocare a tennis)

– Una bustina di resti di pane del ristorante italiano di oggi

– Due pacchi, intonsi, di biscotti al miele e cannella

– Due pretzel

– Un fagottino contenente sei biscotti al lampone (sempre dalla cucina di Tony)

ORTOFRUTTA

– Una verza rossa (intera)

– Una scatoletta di funghi al naturale

– Una confezione di insalata di rape rosse (ancora sigillata)

– Una banana

– Tre bottiglie di yogurt da mezzo litro, gusti mirtillo, mela verde e ribes

SALUMI

– Un pacco di arrosto di tacchino

– Un pacco di prosciutto balkan (qualsiasi animale sia)

– Pacco famiglia di wurstel

DOLCIUMI

– Una barretta di wafer al cioccolato alla menta Fazer

– Otto barrette di cioccolata Fazer a vari gusti: fondente ai frutti rossi, geisha, geisha dark, menta, etc.

– Tavola da surf (200 grammi) di cioccolato gusto marianne della Fazer

– Due buste di frutta secca allo yogurt

– Due pacchetti di caramelle gusto lampone e liquirizia

– Bustina di cioccolatini alla menta

– Pacco di tè alla vaniglia (comprato)

– Una ventina di tè (offerti)

A questo punto, vorrei andare a sprofondare dalla vergogna nel cuscino.

Aggiornamento delle 2.30 passate
(abbiamo sempre il traghetto alle 7.30)

Un’ora fa.

Fra, seduta sul letto della tizia vicino: “Io non ho sonno, che facciamo?”.

Me: “Non so, che possiamo fare?”

Fra: “La cosa che ci viene meglio… mangiamo!”

E fu così che, presi yogurt al lampone, cereali al riso soffiato e frutta secca allo yogurt, andiamo a ad abbuffarci nella sala comune, giocando a NOMI, LUOGHI, MARCHE, MUSICA, ARTE, CINEMA, CIBI, LETTERATURA (una rivisitazione di NOMI, COSE, CITTÁ). Sullo sfondo, un tizio solitario suona la chitarra sul divano (io convinta fino all’ultimo che fosse una radio). C’è anche il tipo del cacciavite, inchiodato al computer, ma senza cacciavite.

Me: “Fra, questo è dalle 19.00 che sta al computer, sono le due e mezza”. Fra: “Eh, noi è dalle 19.00 che mangiamo…”.