Voci dal nord

Capitolo 24 – Haameinlinna e Tampere: ultimi vagabondaggi finnici

«“Il mondo” egli dice “è diventato un villaggio globale”. O è un accampamento mobile?”».

(Bruce Chatwin, Anatomia dell’irrequietezza)

21 luglio 2013
Ore 10.20 circa
Treno per Haameinlinna

Sveglia alle 8.30 (stamattina gran lusso) e colazione all’ostello con yogurt e ciambelle all’aria fritta (ufficialmente caffè e vaniglia).

Timbriamo il cartellino della sfiga quotidiana, subito subito. Vado ad aprire il frigo per prendere una lattina di Coca-cola zero lasciata in fresco la sera prima, con tanto di post-it verde grosso quanto la lattina stessa con sopra il mio nome. Non la trovo. Cerco meglio e trovo solo il post-it. Gentilissimi. Vado a reclamare il furto alla Reception e la signorina mi dice che farà il possibile per rintracciare la lattina, o il ladro. Tutto ciò dopo mezz’ora di gesti e disegni perché non ricordo il termine ‘lattina’ in inglese. Esco abbastanza contrariata e con sete di vendetta, meditando soluzioni tipo:

A) Darmi a razzie a caso nel frigo.

B) Comprare una nuova lattina, scioglierci un lassativo e attaccarci un post-it con scritto ‘drink me’, tipo Alice nel paese delle meraviglie, ma con effetti meno meravigliosi.

Andiamo alla stazione in anticipo, come al solito, ma stavolta pensiamo bene di approfittarne per portarci avanti con il lavoro: ci dirigiamo alla volta dell’S-market e del K-market al piano sotterraneo… chiusi. Tutto chiuso. Poi ci viene in mente che oggi è domenica. Domenica è sempre domenica, in tutto il mondo, a quanto pare.

Prendiamo il solito treno Helsinki-Rovaniemi, ma la meta stavolta è ben più vicina: Haameinlinna. Una città unicamente nota per il suo castello (ormai ogni volta che c’è un castello di mezzo mi vengono i sudori freddi). Da lì ci sposteremo poi a Tampere, una ‘grande città’… ho capito che oggi finiremo di nuovo da Seppala. Ieri sera, a proposito, ho preparato tutto il sacco di vestiti da buttare, che ho deciso di lasciare a qualche punto di raccolta in Estonia. La partenza è prossima.

Oggi in treno abbiamo una compagnia interessante: gruppi di rocchettari con borchie e anfibi diretti al concerto degli Iron Maiden ad Oulu (una volta tanto che c’è qualcosa di decente ad Oulu, tra un rave e l’altro, noi ce la perdiamo).

Ore 13.42
Trenino giocattolo per Tampere

Eccoci sul trenino di Paperopoli, reperito di fortuna alle 13.36, ben mezz’ora prima di quello ufficiale (e ciò già la dice lunga sulla nostra visita ad Haameinlinna). Siamo intente a mangiare banane ammaccate. Un barboncino nero ci guarda dalle ginocchia della sua padrona, mentre gente con la maglia degli Iron Maiden ancora si aggira qua e là. I cestini della spazzatura sono costituiti da tubi incastrati tra i sedili e non c’è il WC. Il treno consiste di due soli vagoncini e, forse, è un regionale. Ce lo fa pensare il fatto che si stia fermando in tutti i paesini intermedi, tipo Parola (parente di Murola di nome e di fatto). Ci godiamo il viaggio, tanto la giornata non presenta impegni inderogabili né si prevedono fitte attività.

L’arrivo ad Haameinlinna (tutti in coro: la ‘ridente, soleggiata, frenetica…’) è tale e quale a quello in tutte le altre città: sbattute in un piazzale torvo e deserto, a minimo due chilometri dal ‘centro’, senza un’anima a cui chiedere informazioni e con molte poche attrattive nei paraggi. Questa poi è peggio di Kajaani, forse non ai livelli di Kuusamo, ma decisamente se la batte con Kemi. Oulu nel frattempo è salita alle stelle, voterò per costituirla nuova capitale.

Ci incamminiamo, dunque, lungo la via del ‘centro’. Forse ci arriviamo, a giudicare dal crocevia di quattro casupole e negozietti con scialba chiesupola al centro che, dai sopralluoghi precedenti, ho capito essere segno distintivo inconfondibile di ‘centro’. Ma non possiamo saperlo, dato che è tutto chiuso, anche i cartoni dei senzatetto. C’è il mercato, anche quello sprangato, sigillato. Non intravediamo neanche uno straccio di supermercato.

Cristo si è fermato ad Haameinlinna (ma anche due o tre fermate prima).

Tiriamo dritto sul lungolago (se c’è una cosa che non manca mai è un lago), dove sembrano farci compagnia una persona o due. È come negli antichi insediamenti, c’è popolazione solo in prossimità dei corsi d’acqua.

Dopo un po’, scorgiamo il famoso castello sulla riva opposta… sono ancora indecisa se pronunciarmi o no in merito. Ma dato che ho tempo e carta, lo farò. Trattasi di complesso in mattoni rossi e lamiera (il birrificio che tutti vorrebbero) che ci accoglie spoglio e desolato come Mosca al passaggio delle truppe napoleoniche. Giriamo un po’, convinte di trovare qualcosa, ma ciò non accade. Dunque, alziamo i tacchi e battiamo in ritirata, indecise se buttarci nel lago una ad una o tentare di affogarci a vicenda. Poi riprendiamo a fare quello che, ormai, più che un passatempo è una patologia: camminare a vuoto.

Il ‘castello’ di Haameinlinna
La ridente Haameinlinna

Ma la provvidenza ci viene incontro, sottoforma di bimba in bicicletta che trasporta una busta dell’S-market nel cestello. Parte la missione. Innumerevoli chilometri fuori e indicazioni di ogni sorta, raggiungiamo l’amico fidato, contente come crociati giunti in Terrasanta. Prima di darci al solito tour dei ribassi, tentiamo di recuperare qualche centesimo restituendo le bottiglie vuote nell’apposito distributore… e facciamo una fila immane, perché tre ubriaconi con tre sacchi di lattine di birra hanno avuto la nostra stessa idea. Escono con un buono da trenta euro di spesa. Non passerò più un giorno da sobria.

Dopo le consuete spese strategiche a suon di beni che nessuno mangerebbe e cibi a fior di scadenza, usciamo con provviste che basterebbero per sei mesi di guerra fredda, a soli cinque euro. Mi chiedo, in tutto ciò, quando mai consumeremo tutta questa roba se ogni volta usciamo dall’ostello con una bustina e torniamo con tre bustoni. Ho l’armadietto che trabocca di cibo, non si sa più dove metterlo. Tutto ciò è pazzesco. Quest’ossessione compulsiva per le scorte sta diventando ingestibile.

Decidiamo di tornare alla stazione e, magari, mangiare qualcosa in attesa del treno. Facciamo altri chilometri di scarpinata immane, perdendoci più volte (chissà dove eravamo finite nella foga della spesa) ma alla fine recuperiamo la via della stazione. Ora attendiamo con ansia (in tutti i sensi) di sperimentare l’offerta turistica di Tampere, comodamente stipate in un trenino giocattolo (credo, lo stesso che avevamo trovato chiuso al parco divertimenti).

Ore 19.15 circa

Ultimo treno per Helsinki

Ci avanzerebbe ancora un Pass Interrail, ma non ne possiamo più di vivere in seconda classe e visitare città fantasma. Decidiamo, quindi, che questo sarà l’ultimo treno. Domani rimarremo ad Helsinki, a sbrigare delle faccende e fare un ultimo giro in città.

Dopodomani si salpa per Tallinn.

Siamo su un pendolino ultraveloce e ultraccessoriato che fa solo due fermate (alla faccia del giro turistico sul Paperopoli express di oggi) e offre parecchi servizi… tipo i pacchi di ottimo scottex al bagno. Continuiamo ad accumulare senza ritegno. Fra ha appena tentato di consumare uno yogurt esploso (per fortuna nella bustina), in pratica un milkshake. Io scrivo le solite epopee sul diario (ho iniziato quello nuovo, acquistato a Kokkola). Ogni tanto, partono conversazioni tipo:

Fra: “È finita una briciola di dolce alla cannella nel tuo cappuccio… “

Me: “Tranquilla, ha visto di peggio…”

Fra: “Tipo la strisciata di pomodoro sulla manica?”

Me: “Si. Ma tanto sta felpa domani fa un volo… assieme a tutto quello che ho addosso”.

Fra: “Compreso il pile?”

Me: “No, a quello ci tengo, ce l’ho dal primo giorno di viaggio, lo metto tutti i giorni”.

Fra: “Ah, bello fresco!”

Me: “Pensa, ha visto tutte le stazioni, i treni, i boschi, i pavimenti… fossi in te non mi ci appoggerei più di tanto”.

Tampere è la città più carina che ho visto finora, dopo Helsinki e Oulu. Non c’è comunque niente da vedere, ma almeno c’è vita e anche tanta. Frotte di persone affollano il centro (è la prima volta, dopo non so quanto, che uso questo termine in modo proprio) tra i graziosi edifici e viali. Ovviamente, come pronosticato, finiamo da Seppala. Fra: “Secondo me quelli dell’ostello pensano che ci lavoriamo, torniamo ogni giorno piene di buste”.

Centro di Tampere
Monumento alla spesa
Tampere

Il pranzo da Mc Donald’s è stato la punta di diamante della gita. O meglio, il caffè di Fra al Mc Donald’s che con un euro ci ha dato diritto al tavolo pic-nic più gettone bagno. Bonnie & Clide. La scena era magnifica: gente che consumava hamburger a più piani mansardati, fritti e bibite formato famiglia e noi, con pane di segale, il prosciutto senza glutine (per dire, quando c’è lo sconto non guardiamo in faccia a nessuno) e i pomodori, affettati con il fido coltello a serramanico. Per lo yogurt abbiamo usufruito di un vero cucchiaino, incluso nel pacchetto pic-nic, assieme a tovaglioli. Ci mancava la tovaglia a quadri… e il passamontagna.

Abbiamo fatto anche un giro da Lidl (tanto per non far torto a nessuno) adempiendo così anche ad un altro dovere quotidiano: l’approccio col pazzo. Mentre siamo intente ad armeggiare con le cassette di sicurezza per lasciare le borse (Fra ovviamente ha preso quella rotta) si avvicina un tizio dal volto paonazzo e l’inequivocabile aroma d’acquavite fermentata. Ci dà una dritta: inserire un euro per farla funzionare. Non ha colto il problema, ma fin qui… poi comincia a ridere, dice qualcosa in spagnolo e conclude con: “We are all mad in here!”. Finalmente, qualcuno che ha il coraggio di ammetterlo. Un po’ come i matti shakespeariani, che sono rivelatori di grandi verità.

Non ancora pienamente soddisfatte, ci rechiamo al Viking Ravintola, un ristorante a tema in cui vorremmo andare ad assaggiare specialità finlandesi, per consultare il menu. Appena finito di leggere, facciamo per andarcene, ma i tizi dietro di noi ce lo impediscono. Uno di loro ci fa: “Don’t you eat here?”

Me: “No…”

Lui: “Why?”

Me: “We must return to Helsinki…”

Pare appagato. Se ne va.

Torniamo alla stazione un’ora prima della partenza del treno e non sappiamo che fare (trova la novità). I negozi hanno appena chiuso (alle 18.00) e di supermercati ne abbiamo fin sopra i capelli. Dunque, prendiamo due Coca-cola zero alla ciliegia e ci mettiamo a sorseggiarle su un muretto fuori la stazione, discorrendo sullo sfondo del viavai cittadino al tramonto. Saliamo quindi sul treno e ci mettiamo a fare piani per la serata e per l’indomani. Tanto perché siamo “stufe dei supermercati”, decidiamo di fare una puntata all’S-market della stazione, che è enorme ed in chiusura (gli sconti serali a filo chiusura sono i migliori). Si prevede, quindi, cena in ostello, affrontando tutto ciò che ci si presenterà stasera.

Me: “Fra, a proposito, stamattina che è successo di bello?”

Fra: “Niente, stranamente…”

Me: “Ah, peccato, quasi mi dispiace…”

Fra: “Ah no aspetta, quando sono uscita ho notato che c’era una vicino alla porta che dormiva totalmente nuda, col lenzuolo tra le gambe, tipo amazzone…”.

Ore 24.00
Camera

L’ultimo viaggio è stato piacevolissimo, un po’ per la rapidità del treno, un po’ perché, forse, dopo venti giorni, abbiamo imparato ad organizzare perfettamente il nostro tempo: attesa controllore; timbro dei Pass; bagno; cibo; diario e lettura; sonno e risveglio; bagno; consumo di schifezze a caso; preparazione bagagli; posizione di pole position per la discesa. Ma devo dire che abbiamo concluso con una degna performance:

Me: “Scendiamo?”

Fra: “Aspetta…”

(Sguardi interrogativi)

Fra: “Aspetta…”

(Vedo che punta il signore del sedile a fianco)

Me (la guardo dubbiosa, poi guardo il signore): “Ah…”

Ed è così che, una volta sceso il signore, Fra si fionda a recuperare la bottiglia vuota di Coca-cola lasciata sul sedile… stiamo rasentando l’accattonaggio.

Ci dirigiamo dunque, speranzose, verso il nostro S-market di fiducia in cerca degli sconti speciali di chiusura (oggi non ce ne siamo perso uno). Non ne rimaniamo totalmente soddisfatte, ma riusciamo a trovare qualcosina, tra cui un grande ritorno: la verza rossa, fedele compagna di viaggio dell’Orso. Stavolta ne compro una intera, alla faccia dei prezzi lapponi conformi al marchio SA (Sanguisuga). Usciamo un po’ deluse. Ma, subito, accade qualcosa che ci tira su di morale, una paffuta drag queen entra nel supermercato col suo cestino, abbigliata in un ingombrante costume plasticoso color arancio e fuxia brillantinato, con strascico da sirena. Siamo contente.

Con le borse sempre più pesanti ci avviamo verso la base. Prendiamo il tram 7B e accendiamo un dibattito sulla tratta dei tram. In pratica, si tratta di una circolare divisa in A e B, che fanno due percorsi paralleli in direzioni opposte e si rincontrano ai capolinea. Ci abbiamo messo una settimana per capirlo.

Torniamo all’ostello con la pelle d’oca e la tensione che ci contorce le viscere. Invece, anche stasera, appare tutto stranamente tranquillo. Delle persone parlano cordialmente ad un tavolo, altre cenano. Non ci sono edifici di lattine in costruzione o residui di gavettoni allo yogurt, niente incendi, niente orge selvagge, tutto regolare. Tuttavia, accorre subito a dare un tocco di pepe a questa serata monotona il pazzo battitore, che vuole rassicurarci di come non si sia scordato di noi. Difatti, mentre Fra attraversa la sala venendo verso di me, lui la punta e indietreggia con la sedia, al che lei gli va addosso e lui se la sghignazza tutto soddisfatto. E le serate vanno avanti così.

Dopo altri vagabondaggi per l’ostello in cerca di ragazze da importunare e portando caraffe d’acqua da una stanza all’altra (ha in serbo qualcosa di grandioso e malvagio me lo sento) esce seminudo dal bagno, desta quello sconcerto necessario e trova pace.

Noi consumiamo la nostra cena a base di:

Noodles thailandesi in brodo al sapore di gamberetti (ma solo se ci pensi intensamente) e spezie piccanti non bene identificate

– Insalata di pollo, pomodori, pere, uva, cocomero…

– Piatto pronto di carote e carote (ufficialmente patate e carote) al forno

– Mele, tè e frutta secca allo yogurt.

Tre stelle Michelin (di gomma, tirate in fronte una per una).

Ma prima di cena, un altro grande ritorno: la doccia. Con bagnoschiuma Rexona di qualcuna che l’ha lasciato sulla panca e shampoo alla pesca Testanera che qualcun’altra ha lasciato addirittura nella doccia.

Prima di andare a letto siamo comodamente nella sala comune a prendere un tè (nostro, almeno questo).

Fra: “L’hai provato lo shampoo nuovo?”

Me: “Non posso parlare, c’è l’italiano qua dietro”.

Fra: “Pesca?”

Scoppia la risata.

Me: “L’hai provato pure te?”

Fra: “C’ho fatto il bucato”.

Tanto per ribadire il concetto, prima di ritirarci nelle nostre stanze, ficchiamo nella busta un pacco di cereali mezzo pieno, lasciato nel reparto comune. E con questo abbiamo abbonato la lattina. Come direbbe il Martin Scorsese di Lappeenranta: “Capisc’?”.

Comunque, dico solo che, a causa dell’immane quantità di spesa che straborda, non riuscivo a chiudere l’armadietto della camera. Ho dovuto forzarlo talmente tanto che la carta si è smagnetizzata ed è dovuta venire la tizia della Reception ad aiutarmi. Tutti pazzi per la spesa si sta trasformando in Sepolti in casa.