«Niente. Non c’è niente di quello che vedo dal finestrino. Le guide sono pagine piene di nulla. Banalizzano, complici dell’oblio che scende sui territori. Ne propiziano la distruzione con il loro silenzio. Straccio quelle poche pagine pompose e inutili, le appallottolo, le butto nella spazzatura. Ma sì, si viaggia assai meglio chiedendo alla gente, e forse il viaggio perfetto sarebbe quello fatto alla cieca, senza nemmeno la carta. Partire insomma, salendo sul primo treno che va nella nostra direzione».
(Paolo Rumiz, Trans Europa Express)
20 luglio 2013
Ore 7.00
Treno per Lappeeranta
Stamattina c’è stato un risveglio caloroso.
Mi alzo, entro in cucina e intravedo Fra, attraverso una nube di fumo.
Fra: “Non noti qualcosa di diverso?”
Me: “… i pompieri?”
Le città qui intorno saranno monotone, ma nel nostro ostello non ci si annoia mai.
Me: “Ma che è successo?”
Fra:“Pare che il pazzo che sbatte abbia dato fuoco alla cucina”.
Con le scarpe ancora slacciate, i capelli in disordine e i vestiti buttati addosso a casaccio, mi appresto ad entrare in bagno, mentre Fra travasa il caffè nelle bottigliette, rimandando a dopo ulteriori spiegazioni (non posso reggerle appena sveglia).
Mentre i pompieri continuano indisturbati il loro lavoro, mi si avvicina un ragazzo e mi fa: “Are you ok?”.
Me: “Yes, I just woke up”.
Lui: “Oh well… did you hear the fire alarm?”
Me: “No. Not at all. What happened?”
Lui: “Someone left the oil burning and so…”
Me: “Mmm, I understand”
Lui (non nascondendo una certa eccitazione): “Aaahh we’ve got a hot morning!”
Mi barrico in bagno e non ci penso più.
Facciamo colazione a tempo record e ci affrettiamo ad uscire da quel posto (in tutto ciò, c’erano ancora i relitti di lattine vuote e altri reperti dai bagordi della sera prima).
Non ne facciamo parola fino a quando non arriviamo alla fermata del tram. Poi Fra mi fornisce delucidazioni: “Stamattina sono entrata in cucina e c’era una coltre di fumo che non si vedeva nulla. Poi sono arrivati i pompieri. La ragazza italiana mi ha detto che stava chiacchierando quando il pazzo ha messo su l’olio ed è uscito (sbattendo). Poco dopo si sono girati e c’erano le fiamme fino al soffitto, è scattato l’allarme e sono venuti i pompieri. Ma dice che non è la prima volta, succede tipo ogni mattina”.
Ed io che spendo soldi al parco divertimenti. Rischiamo la vita ogni giorno.
Arriviamo in stazione alle 6.38, il treno parte alle 7.12 quindi ci mettiamo ad aspettare sulle panchine della stazione. Ci alziamo poco dopo, non appena decidiamo di averne abbastanza degli esemplari che lasciano a piede libero ad aleggiare intorno a noi tra un sogghigno e una qualche azione assurda a caso. Sembra di essere in un manicomio a cielo aperto. Tra gli altri, ce n’è uno estremamente spaesato, con delle buste della spesa in mano, che continua a girare barcollando intorno allo stesso slargo, in preda ai dubbi più neri. Ogni tanto raggiunge una porta, si blocca e torna indietro.
Se il buongiorno si vede dal mattino…
Ore 10.50
Lappeenranta
Sala da tè russa
Dopo un sonno a staffetta in treno (cioè, abbiamo continuato a dormire ad intervalli di dieci minuti, alzandoci ad ogni persona che reclamava il posto, prima di accorgerci di essere salite in prima classe) arriviamo alla ‘ridente, soleggiata e popolata’ Lappeenranta.
Cominciamo a camminare sotto il cielo plumbeo e i viali vuoti e deserti. Poi, all’improvviso, tanto per dare una svolta alla giornata, comincia a venir giù un acquazzone pauroso. Notare la finezza: la pioggia va a vento che, ovviamente, soffia contro di noi. Non ci sono luoghi in cui entrare a ripararsi. Quindi, zuppe fino al midollo, ci rifugiamo, dopo un po’ di metri, sotto una tettoia di fortuna, aspettando che spiova…
…aspettando che spiova…
Me: “Fra, dici che spiove?”
Fra: “Mah… di solito dura cinque minuti”
Venti minuti dopo piove ancora a dirotto.
Me (cantando): “… ‘na iurnat’e soleeee”
Fra: “Senti, laggiù vedo delle insegne, che facciamo? Tanto zuppe per zuppe…”.
Ci tuffiamo di nuovo in strada e finiamo, non so come, al mercato. La visita è ancora più breve di quelle ai mercati precedenti (sta diventando una specie di ruba bandiera). Solite merci, soliti prezzi.
Desolate, ripieghiamo al supermercato. Il cerchio della vita. Facciamo la solita scorta di caramelle, frutta secca, cioccolata e vari azzardi dettati dalla gola del momento (tipo il gelato gusto menta e meringa). Per lo meno ci rifacciamo della pessima colazione consumata in treno, che è consistita in: mezza tortina al rabarbaro andata a male (rosicchiando la parte ancora sana), mezza banana andata a male (stesso procedimento) e caffè solubile, unico conforto, preparato amorevolmente da Fra.
Visto che quando usciamo dal supermercato pare, abbia spiovuto, ci rechiamo a visitare la famosa chiesa di legno… chiusa (non c’era neanche da chiederselo). Dunque, ancora più fradice e ancora più insoddisfatte, ci dirigiamo verso il Kahvila Majurska, una sala da tè russa segnalata sulla guida. E siamo qui, sedute su questi divanetti Nikola II, circondate da suppellettili di altri tempi, ritratti, cuscini ricamati, tendine, lampade, bambole inquietanti e vetrinette colme di tranci di passato ritagliati qua e là tra le epoche della grande Madre Russia. Due signorine in costumi tipici (non so esattamente di dove e quando) servono dolci deliziosi facendoci tirar gola. Ma noi ci accontentiamo di un riparo suggestivo e di una bevanda calda. Il resto della giornata è un mistero, ma voglio essere ottimista, nonostante tutto ciò che accade me lo impedisca continuamente.
Ore 15.15
Treno per Imantra
Dopo aver aspettato l’ennesimo treno per l’ennesima cittadina finlandese nell’ennesima stazione, siamo riuscite a ricavare dei posti nel vagone animali, quelli di fronte alla parete, in punizione.
Ristorate dalla sosta al delizioso salotto russo, ci siamo avviate in direzione della spiaggia di Lappeenranta, per vedere le famose statue di sabbia che, pare, siano le più famose al mondo (sapevo che avremmo trovato una ragione per trovarci qui). A causa dei lavori di allestimento per un festival di musica rock (un altro) ci fanno deviare percorso. Siamo tentate di mostrare la nostra documentazione e richiedere i PASS STAMPA… ma poi conveniamo che non possiamo affrontare un altro festival. Non adesso. Quindi, circumnavighiamo i tendoni e proseguiamo dritte per campi, perdendoci tra il solito nulla desolante.
Proprio quando siamo convinte di esserci irrimediabilmente perse, sbuchiamo in bocca al porto. Prima regola dell’orientamento in Finlandia: se vedi agglomerati di civiltà, nel dubbio, evitali. Chiediamo, a due tizi in uniforme che troviamo sulla strada, indicazioni per le statue di sabbia e loro si limitano ad indicare… dritto davanti a noi sotto alla scarpata.
Ci rotoliamo giù senza indugio. Una volta raggiunta la spiaggia ci ricrediamo, è valsa la pena di venire fin qui solo per queste. Enormi e dettagliatissime statue di sabbia che si stagliavano sulla spiaggia, di fronte al mare scuro. E la cosa più bella era il tema delle statue: il Kalevala! C’era un gigantesco Väinämöinen, un’intera scena con la strega del nord Pohjola e tutti gli altri personaggi.
Dopo aver camminato tra queste meraviglie e averne ammirato le fattezze, decidiamo di proseguire per un giro al porto, faccia a faccia con l’inquietante acqua nera del Baltico.
Al che, soddisfatte di ciò che abbiamo visto ma ancora lontane dall’appuntamento col treno per la seconda cittadina da visitare sulla tabella di marcia giornaliera, ci guardiamo in faccia.
Fra: “Che facciamo?”
Me: “Ma non s’era parlato di una fortezza?”
Fra: “Ci siamo appena passate”
Visiono la mappa un po’ contrariata.
Me: “Sarà che ho un’idea troppo romantica di borgo medievale, ma ti prego, non dirmi che erano quelle quattro catapecchie…”
Andiamo al centro commerciale.
Innumerevoli ribassi da S-market e saldi da Seppala dopo, ci sediamo su una panchina a consumare le provviste del pranzo (le solite tortine di patate, insalate e yoghurt) approfittando del sole appena uscito. In giro è pieno di russi, in effetti siamo a sei chilometri dal confine (ci risiamo). Persino la commessa di Seppala mi ha scambiato per russa e mi ha salutato con un cordiale “Dasvidania”.
Mentre siamo intente a commentare i dubbi gusti dei locali in fatto di abbigliamento, si siedono vicino a noi due metallari russi.
Fra: “Meno male, questi hanno solo due casse di birra in due, siamo in una botte di ferro”.
Mi alzo per andare a buttare la carta nel cestino, ma vengo subito intercettata dall’espansivo di turno (io devo capire quando ho sviluppato questa capacità). La conversazione va più o meno così:
Tizio: “Where are you from? You don’t look Finnish”
E questo già la dice tutta sul suo grado di sobrietà.
Me: “Italy…”.
Tizio: “Oh! Italia! Roma! Arrivederci e grazie, come va? Che si dice? Martin Scorsese”.
Me: “Eh, yes… Scorsese…”
Tizio: “I learned a lot of things from Martin Scorsese’s movies, like… capisc’?” (e fa un gesto con la mano a caso).
Me: *risata a denti stretti ed espressione conciliante*
Tizio: “Where have you been in Finland?”
Me: “Lapland, Karelia and the south…”
Tizio: “I never been in Lapland, but I’ve been in Rome! Capisc’!” (altro tripudio di gesti).
La taglio corta prima che attacchi con la seconda parte della filmografia di Scorsese.
Ci salutiamo tra un “Arrivederci e grazie” e pacche sulle spalle.
Andiamo a prendere il treno con un’ora e mezza di anticipo, per andare ad una città che dista mezz’ora. Si tratta di Imantra, dove alle 18.00 pare che si terrà lo spettacolo dell’apertura della diga con sottofondo di musica dei Nightwish.
Siamo curiosissime, non possiamo perdercelo.
Ore 18.30 circa
Imantra
Parco sulle rapide
Durante la tediosa ora passata alla stazione non sapendo che fare (a parte goderci il solito spettacolo di fenomeni da baraccone a piede libero) cominciamo a pianificare la giornata di domani. C’è una città con un castello vicino Helsinki (anche se io alla faccenda del castello non ci credo più) e, continuando sulla stessa tratta del treno, si arriva a Tampere, in cui dovrebbero esserci parecchie attrazioni e musei (tra cui quello delle scarpe).
Prendiamo quindi il treno nel vagone animali, tra gatti e cani, che comunque dimostrano più senno della maggior parte delle persone incontrate a caso in giro. Inoltre, emanano odori più gradevoli degli avvinazzati sul notturno dell’altro ieri (“Me so’ ubriacata solo a stargli vicino” cit.).
Il viaggio dura talmente poco che non riesco a fare nulla, neanche ad andare in bagno. Così, sono costretta a farla in un cespuglio (cioè proprio infilata dentro il cespuglio fino alle doppie punte) sotto un ponte, di fronte al parcheggio dei pullman della stazione.
Ore 19.28
Stazione di Imantra deserta
Si sente il ronzio dei cavi elettrici
[Ecco, sono entrate ora addirittura due persone… e un pazzo che sbatte le valigie. Sarà un parente del nostro].Seduta sull’ennesima panchina che dà una sorta di senso di prospettiva al resto del vuoto cosmico di una stazione dimenticata, continuo il racconto delle eroiche gesta una volta giunte ad Imantra.
Dalla stazione al centro vi sono tre chilometri di distanza e sembra che non ci siano autobus. Zaini in spalla e buste in mano, ci incamminiamo costeggiando una superstrada da un lato, depositi abbandonati e prati dall’altro.
Dopo il primo chilometro e mezzo la situazione comincia a migliorare. Ci troviamo su un piacevole sentiero che costeggia un lago (un altro), contorniato da conifere. Dopo un altro chilometro cominciamo a scorgere cenni di civiltà: un marciapiede con quattro negozi chiusi che vendono articoli indecifrabili, dato che le insegne sono in cirillico. Tra gli altri, c’è una sorta di pescheria. Entriamo a dare un’occhiata e constatiamo che i prezzi sono notevolmente più bassi del solito (forse per la prossimità al territorio russo). Siamo tentate di prendere qualcosa ma poi ci ricordiamo delle generose scorte accumulate negli zaini ed usciamo a mani vuote. Dopo pochi metri, giriamo l’angolo e… siamo a Rovaniemi. L’unica strada che costituisce il centro (keskusta) di Imantra, è identica all’unica strada che costituisce il centro della città lappone.
Io non riesco più a distinguere una città dall’altra ormai.
Ci dirigiamo verso in Centro Informazioni, chiuso. Tuttavia, troviamo le informazioni necessarie da un signore seduto al baretto di fianco. Le cascate (che poi era una diga) sono aperte, ma dalle 18.00. Abbiamo due ore di nulla. Ergo, andiamo a fare l’ennesima caccia al ribasso da K-market. Ci assumeranno per un nuovo programma su Real Time. Alla faccia del confine russo, comunque, questo è il più caro di tutti. Troviamo giusto qualche offerta che basta a caricarci dei soli beni salutari: Coca-cola zero, sacchi di ciambelle di pane dolce al gusto di caffè e vaniglia (a 99 centesimi al sacco), prosciutto e le solite tortine careliane. Viviamo momenti di panico con le etichette dei prodotti in cirillico e chiediamo a due ragazzi russi, intercettati a caso, di tradurcele. Loro ci dicono che non capiscono il finlandese… perché giustamente, scrivono i cartellini in finlandese traslitterato in cirillico, così, per non far torto a nessuno.
Riusciamo ad uscirne senza implicare l’Onu. Vorremmo girare altri negozi ma chiudono tutti alle 16.00. Deve essere tutto un grande scherzo.
Ci avviamo quindi alla diga a prendere posto per lo spettacolo. Rimaniamo mezz’ora in piedi su una roccia in bilico tra frotte di motociclisti lituani in giacche di pelle, che emettono qualche urlo disumano di tanto in tanto. Poi, finalmente, inizia lo spettacolo. Parte la prima canzone dei Nightwish, diffusa in tutta la vallata dagli altoparlanti posti in cima alla diga. Subito dopo l’acqua comincia a sgorgare e di lì a poco ecco le rapide che scrosciano potentemente nel letto roccioso del fiume. La musica conferisce al tutto un effetto suggestivo anche se, in parte, è coperta dal rumore dell’acqua. Il tutto dura una ventina di minuti in un crescendo tra potenza dell’acqua e concitazione dei brani musicali.
Finito lo spettacolo, ci riposiamo un po’ nel parco, prima di riprendere la sfacchinata del ritorno. Riflettiamo sul fatto che anche oggi abbiamo portato a termine i nostri doveri quotidiani:
– Essere importunate dal matto di turno
– Passare ore in treni e stazioni
– Farsi chilometri a piedi
– Trovare i principali luoghi d’interesse chiusi
– Condurre indagini di marketing in tutti i supermercati della zona
– Continuare a perseverare in abitudini alimentari insalubri
– Ritrovarsi sperdute nel nulla desolante dietro l’angolo (che poi qui è ogni angolo)
Ora, attendiamo nell’anticamera della Terra Desolata eliotiana qualcosa che ci riporti all’ostello… sperando di trovarlo ancora in piedi, visti i precedenti.
Notte (non ne ho idea di che ore siano ma almeno l’una sicuro)
Cheap Sleep Hostel
Letto
Il viaggio di ritorno è stato decente. Abbiamo passato il tempo, come al solito, tra cena con i resti del pranzo, rilettura e correzione del diario e pianificazione della giornata di domani. L’opuscolo dei treni ovviamente era in finlandese. Non ci ho capito niente coi giorni, sono arrivata a GIOVEDI’ tramite associazioni tipo:
THOR-ZEUS-GIOVE = GIOVEDI’/THURSDAY → TORSTAI
Comunque dovrebbe funzionare tutto, o perlomeno ce lo auguriamo. Durante l’ultima ora abbiamo dormito come macigni sul fondo di uno stagno, stavolta senza disguidi di sorta. Ad un certo punto si è avvicinata una ragazza (l’ennesima proprietaria del posto) ma vedendo che dormivamo ci ha lasciate in pace con un cortese: “It’s my place but I can sit here”, mettendosi al posto davanti. Dopotutto c’è ancora qualcuno con un briciolo di umanità.
Approdiamo alla stazione di Helsinki e troviamo un cielo più scuro che mai, sembra quasi una notte vera. Forse è merito della nuvola che copre tutto (che, comunque, non è un buon segno). Abbiamo un assaggio di fauna notturna dei sabati helsinkiani. È il circo degli orrori. È come assistere a tutto ciò a cui abbiamo assistito in questi giorni condensato in un lasso di tempo minimo e uno spazio ristretto, alla massima potenza. Decidiamo che ci bastano i pazzi diurni, presi a dosi minime e inframezzati con varie attività di svago che ammortizzano. Prendiamo quindi il nostro bel 7B e ce ne torniamo all’ostello (dalla padella alla brace). Quando arriviamo ci prende un colpo: sono tutti fuori, sguinzagliati per le strade, dentro non c’è nessuno. Ci sarà un meeting generale al Mc Donald’s di Oulu. Quindi, ci godiamo, in tutta tranquillità, un bel tè con i pochi timidi ospiti rimasti a fare le loro discrete faccende e il pazzo… che stasera non sbatte. S’è perso il meeting. Ora si è appena portato una caraffa piena d’acqua in camera (dopo l’incendio proverà con un’alluvione, spero di esserci per raccontarla). Tentiamo uno spuntino azzardato con purea di riso solubile ripescata dalla scatola di cibo comune, ma viene un inutile e sciapo pappone. Poi Fra ci mischia la salsa di soia, io invece opto per un dessert e ci spolvero zucchero e cacao amaro, ottenendo un risultato migliore.
E così, per la prima volta, la giornata termina in tutta tranquillità. Abbiamo persino due nuove vicine di letto, carine e discrete. Cos’è successo a questo posto? Vado a dormire, confidando di non dover saltare in un cerchio di fuoco al mio risveglio.