«Nel pomeriggio, quando il mare fossile era caldo e immobile, e le viti stavano irrigidite nell’orto e la lontana cittadina marziana, bianca e ossuta come un teschio, se ne stava tutta chiusa in sé, e nessuno usciva di casa, si poteva vedere lo stesso signor K nella sua camera, intento a leggere un libro metallico dai geroglifici in rilievo, su cui egli passava la mano leggera, come chi suoni un’arpa. E dal libro, a ogni tocco delle dita, si levava una voce, voce dolce e antica, a cantar di quando il mare era come una nube rossa di vapore sulla spiaggia e uomini antichi avevano portato nugoli d’insetti metallici e di ragni elettrici in battaglia».
(Ray Bradbury, Cronache marziane)
Yogyakarta, 18 maggio 2020
Oggi siamo tornati alle vecchie facilities: tetti gocciolanti dopo tre ore di monsone scuro e torrenziale.
La stagione delle piogge è quasi più tenace della cavalletta.
Ho passato il pomeriggio a leggermi Heart of Darkness sul divano scomodo. Poi mi sono cucinata noodles di riso con gli ‘amabili resti’ di verdure nel frigo.
Inutile dire che ho già di nuovo fame.
Yogyakarta, 19 maggio 2020
Sono quasi le tre, ho mangiato dei noodles chimici poco più di un’ora fa e non ho la minima intenzione di andare a dormire presto. Anche se dovrei, domani viene Lisa, un’amica a cui ho cominciato a dare lezioni d’inglese due o tre volte a settimana. Cominciamo a rompere i ranghi. Non ne potevo più di parlare con il cellulare e le cavallette.
La aiuto a preparare l’esame Toefl per l’ammissione al dottorato e con la scusa ci prendiamo un tè, chiacchieriamo, cuciniamo, ci studiamo le canzoni insieme (lei è una cantante giavanese anche abbastanza famosa qui). In realtà Lisa è una delle mi più care amiche da quando abito in Indonesia. Ci siamo conosciute sei o sette anni fa all’accademia di arti performative, lei era al quinto semestre io al primo, abbiamo condiviso spettacoli, momenti, trasferte, lezioni, tante cose. Poi abbiamo preso strade diverse per un certo periodo, lei nel frattempo è diventata un idolo dei teatri delle ombre e una sorta di influencer, ma per me rimane sempre Lisa. È una ragazza molto in gamba che mi mette ottimismo e positività e mi motiva un sacco. Quando rimane a dormire da me riesco a svegliarmi addirittura alle dieci.
Oggi avrei dovuto preparare gli esercizi di inglese ma ho fatto tutt’altro. Più che altro kroncong, ormai è una droga, se non canto almeno mezza giornata sto male. Ho quasi finito i quadernetti, mi sto studiando tutto il repertorio. Ho anche fatto una videochiamata con gli amici del gruppo con cui suonavo. Loro si sono visti perché abitano tutti al nord, per me lì è ancora Far West, sotto quarantena arrivo al massimo al centro per la bakery. Mi mancano tutti terribilmente e mi mancano i nostri concerti.
Poi ho dato luogo ad un pranzo che sto ancora decidendo se era geniale o raccapricciante. Pasta al sugo di sardine fritte piccanti in scatola, in salsa balado, una salsa piccantissima che fanno qui. Me la sono divorata ma non ho capito se per disperazione o gusto.
Domani vado a fare spesa, non mi è rimasto davvero più niente.
Dopo aver spazzato le due blatte morte dal salone, mi sono messa a finire il diario, che tra una cosa e l’altra mi sta venendo lunghissimo. Ma ormai è diventato una delle attività imprescindibili, quasi mi mancherà quando tornerò libera nella civiltà.
Credo che, alla fine, mi mancheranno tante cose. Più di quante credo. Anche se, ora come ora, ucciderei solo per un panino col prosciutto.
Yogyakarta, 20-21 maggio 2020
Ho passato questi due giorni con Lisa, che è venuta a stare da me per corsi intensivi di inglese e un po’ di compagnia.
Tra un esercizio e l’altro, abbiamo bevuto wedhang uwuh (la bevanda tradizionale che si fa con foglie e scarti di spezie) e scaldato dell’ottimo pollo al curry di Sumatra inviato a Lisa in quantità industriali da un suo fan che ha un ristorante. Abbiamo trovato il modo di evitare di cucinare cose orrende: non cucinare affatto. Quando i fan ti tornano utili.
Il passatempo della serata è stato scacciare rane dal salotto.
Si, non ci facciamo mancare nulla.
Si è concluso vittoriosamente con rana intrappolata tra infallibile colino da doccia e copertina di quaderno sacrificato per la causa. E via rilasciata nel suo habitat naturale, e lontano dal mio.
E visto che era giornata di colpi di scena, ha pensato bene di presentarsi anche la mia ex coinquilina col suo ragazzo, con la scusa che doveva prendere delle cose, ma chissà per quale vero motivo. Non simula bene, questo bisogna ammetterlo. Ma nessun giavanese simula bene, anche se loro sono convintissimi di sì. Ho colto l’occasione per dirle che già che c’era poteva tornare a prendersi anche il resto della roba. Non ha battuto ciglio.
Abbiamo passato la nottata lei a fare esercizi d’inglese, io a scrivere il progetto per la pubblicazione della tesi di dottorato. È qui la festa.
Lei è riuscita a svegliarsi alle 10 a lavarsi, ordinare la colazione, finirla e rimettersi sugli esercizi. Io sono riuscita a svegliarmi alle 11.30 (ho voluto strafare) a buttarmi su quello che definisco ‘divano’ e guardare lei che faceva gli esercizi.
Poi ho mangiato la colazione da lei ordinata: pecel. Un piatto indonesiano composto di riso, verdura bollita, pesce fritto e salsa di noccioline, che non corrisponde alla mia idea di colazione ma lei ci aveva messo tanto amore sembrava brutto non mangiare. Ci ho aggiunto pure il tofu fritto ripieno di funghi piccanti e la macedonia di frutta con maionese, sempre ordinati da lei con amore. Magari è la volta buona che mi prende una gastrite e mi faccio ricoverare all’ospedale con pasti caldi e letto comodo garantiti.
Dopo altre allegre sessioni di inglese e studio di brani langgam e kroncong, è scattato il gioco a premi: locusta in busta.
Ergo:
Siamo sedute a chiacchierare mentre Lisa riordina le sue cose prima di andare via. Ad un certo punto io mi giro verso la porta, spalancata sul giardino, individuo una cosa lunga e marrone appesa ad una pianta a ore dodici ed esclamo: “Wally is back!”.
Segue appello disperato alla mia amica per aiutarmi a disfarmi della cosa sempre cercando di non ucciderla in ottemperanza di ogni principio Buddhista. Che già il mio karma è quello che è, vediamo di non peggiorare le cose.
Lei ha un’idea: la cattura, la impacchetta in una busta e se la porta a casa. Almeno la allontano ma con stile. Dunque, do l’addio a Wally, la cavalletta che passerà alla storia per essersi fatta sei chilometri in motorino.
Tutta soddisfatta di essermi finalmente liberata di questo fardello, entro in casa felice e mi metto a fare Yoga.
Poi do una seconda chance al curry di lenticchie indiane (che si era rivelato una delle più eclatanti disfatte culinarie), che vengono comunque orrende anche con solo 4 chiodi di garofano contati e quantità indicibili di burro e mi dico che è il caso di smetterla e che d’ora in poi ordinerò sempre e solo quelle ad ogni ristorante indiano.
Concludo tutto col numero di punta serale, che vede protagonista il bagno (era da un po’ che rimaneva nell’ombra, in effetti).
La lampadina è quasi scarica, sono rimasti due led di numero, il soffitto è troppo alto ed io non ho una scala.
Da domani doccia con torcia.
E buonanotte ai suonatori.