Voci dal nord

Capitolo 19 – La casetta in Canadà

«Aveva una casetta piccolina in Canadà
Con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà
E tutte le ragazze che passavano di là
Dicevano: “Che bella la casetta in Canadà”».

(Casetta in Canadà, canzone italiana)

16 luglio 2013

Ore 10.00

La casetta in Canadà

Un giorno di pioggia

“Proust suggerisce che, in terra straniera, durante un viaggio, è sempre meglio non parlare con gli estranei”. Con queste parole, Fra fa capolino dalla porticina malandata della nostra stanzetta. Poi torna a leggere davanti alla finestra del salone. 

A proposto di quello che dice Proust, proprio stamattina, a colazione, abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con un signore in viaggio con sua figlia (una tenera bambina bionda di nome Saara). Anche loro pare che abbiano passato qui la notte, a nostra insaputa. Come del resto i pescatori, arrivati verso le quattro del mattino e stanziatisi con i sacchi a pelo sul molo, sotto i nostri panni stesi. Ce ne siamo accorte dopo il terzo risveglio (alle sei, alle sette, alle otto), quando, tra lancinanti mal di schiena e bisogno impellente di espletare bisogni fisiologici, siamo uscite dalla stanza e ci siamo ritrovate il papà di Saara nel salone. Lui, gentilmente, ci ha offerto un tè e ci siamo messi a parlare. Tanto eravamo comunque bloccate in casa dalla pioggia incessante, oltre che dal fatto che i bagni si trovano in cima al dirupo qui di fronte. Abbiamo intrattenuto vari discorsi sui viaggi e abbiamo tentato di giustificare lo: “Strano modo di fare colazione degli italiani”, con caffè e biscotti, anziché con pane di segale, burro e salame.

Carpiamo anche informazioni importanti in vista di un prossimo debutto in società (previsto per domani).

Le opzioni sono due:

✔ Avventura nell’estrema Lapponia con Sofia a fare documentazione sui Sami

✔ Ritorno ad Helsinki e cerca di una base dove dormire e poggiare i bagagli, per poi compiere escursioni giornaliere alle varie cittadine del sud

Il punto è: i trasporti.

Mentre sembra che gli spostamenti nord-sud (e viceversa) funzionino a meraviglia (almeno fino a Rovaniemi) lo stesso non si può dire per quelli est-ovest/ovest-est. Facendo controlli incrociati di orari di treni e pullman, la situazione appare poco chiara. Per tornare ad Helsinki, dovremmo prendere un autobus da Oulanka a Kuusamo e da Kuusamo ad Oulu, per poi riprendere il treno notturno Oulu-Helsinki. Il problema è che pare che di pullman per Kuusamo ce ne sia solo uno. Nel caso in cui andassimo verso Helsinki ciò sarebbe magnifico perché prenderemmo la coincidenza col treno delle 23.00. Nel caso di Rovaniemi, il treno sarebbe alle sei e mezza del mattino e ciò significherebbe… un’altra notte ad Oulu. Piuttosto legherei una delle renne allo zaino e ci andrei in slitta. La soluzione suggeritaci dal signore sarebbe quella di andare fino a Juuma, dove c’è una stazione di autobus e un camping, e trovare qualcuno che ci porti fino a Kuusamo. Dice che qui si usa spesso (e ti credo) basta contribuire con la benzina. Potremmo provare, del resto siamo riuscite a scroccare un passaggio di chilometri e chilometri ad una band di musicisti polacchi per un festival, perché non dovremmo trovare qualcuno che ci scarrozzi per pochi chilometri qui, in posti sperduti?

“Proust suggerisce che, in terra straniera, durante un viaggio, è sempre meglio non parlare con gli estranei”.

Ore 13.45

Cafè del Campo Base

Una mattinata all’insegna delle colazioni. Questa è la terza.

Dopo essermi fatta un altro sonno, nel dubbio, mentre aspettavo che spiovesse, abbiamo preso i k-way e le borse (nel senso, la mia borsa di tela e la borsa della spesa) e ci siamo recate, in tutta tranquillità, al Campo Base di Juuma. Qui è dove sorge quello che la guida definisce ‘villaggio’.

Quattro case in croce abbandonate a sé stesse sulla riva di uno splendido lago, circondati da promontori a strapiombo e barchette ormeggiate sui brevi tratti sabbiosi, che si intravedono tra l’erba alta.

Un vero incanto.

Entriamo nel desolato Cafè, dove un signore baffuto e paonazzo con una pancia sorprendente ci accoglie senza troppe cerimonie e senza troppo inglese. Diamo un’occhiata ai prezzi pazzeschi dei pochi articoli alimentari in vendita dietro al bancone e non ci passa per la testa di acquistare qualcosa. Per consolarci, rifacciamo colazione con caffè e delle tortine di pan di spagna ai frutti rossi. Una ce la regala, o forse si sbaglia, ma lo prendiamo comunque come un risarcimento morale. Passiamo un po’ di tempo a bearci del panorama lacustre, guardando fuori dalla finestrella incorniciata tra tendine color verde pistacchio e ganci a forma di orso. Prima di andarcene decidiamo di acquistare due yoghurt, che costano il doppio rispetto al supermercato, giusto per non andare via a mani vuote.

Ci mettiamo a fare qualche foto sul lago tra le barche (che stavolta mi astengo dal proporre, anche perché non so chi ci venga a riprendere in mezzo al lago) e torniamo indietro.

Non sapendo che fare, torniamo al nostro ‘centro benessere’ (l’altro Campo Base) ad acquistare due mele di contrabbando dalle cucine, sempre a peso d’oro, ma non c’è altra scelta.

Ora Fra sta chiedendo informazioni per i passaggi a Kuusamo, visto che a Juuma non c’era anima viva, tranne un postino che passa un qualche giorno a mezzogiorno, “forse”. 

Il campo base
Il primo caffè decente dopo giorni
Approcci pericolosi
Contemplazione sul molo
Lei
L’irresistibile attrattiva della possibile morte per annegamento
Almeno questa l’abbiamo lasciata stare

Ore 16.00 circa

Focolare della casa-mulino

Ormai ci manca solo Banderas. Comunque il dado è tratto: domani si parte per Oulu. Rimane solo da stabilire se prendere il pullman diretto da Juuma alle 15.15 o se prendere il postino delle 12.00 ‘forse’ facendo scalo a Kuusamo.

Nel frattempo continuiamo a goderci il ritiro spirituale nella casetta in Canadà (ormai è stata ribattezzata così). Banderas non si è fatto ancora vivo ma, in compenso, è iniziato di nuovo il viavai di turisti con frotte di bellissimi cani dal pelo incredibilmente folto e di bimbi biondi prodotti in serie. Questi ultimi si divertono particolarmente a ronzare attorno alla nostra stanzetta (sigillata, oggi, con spago e scopettone) guardandoci con aria di sfida. Fra ne ha appena seccata una che ha tentato di intrufolarsi dentro con un: “Hey hey”, che era detto in modo abbastanza giocoso, in realtà, ma credo che l’accento italiano gli sia suonato come qualcosa di mostruoso, perché se l’è data a gambe. Fantastico su quale sarebbe l’effetto se ci mettessimo ad urlare parole come ‘ramarro’ o ‘idrocarburo’.

Non abbiamo pranzato davvero, perché dopo le varie colazioni non ne avevamo davvero il bisogno (e il coraggio). Ci siamo accontentate di dividere cucchiaiate di quell’acqua colorata al gusto di sciacquatura di pollo che è indicano come ‘zuppa tandoori’. Non ci andava neanche di sporcare visto che avevamo appena ‘fatto i piatti’ alle rapide, che sono meglio di una lavastoviglie, basta immergere un oggetto per tre secondi e viene fuori pulito e splendente.

Le voglio anche a casa.

Ci godiamo un altro po’ di tranquillità del fuoco, anche perché oggi fa abbastanza freddo. Oggi pomeriggio si prevede una gita alle cascate.

Ore più o meno le 20.00, ma forse le 21.00 (boh, chi lo sa più)

Sasso vicino al fuoco (forse troppo vicino) della casetta in Canadà

A parte che ho rischiato seriamente di prendere fuoco… 

Siamo accoccolate al focolare di casa. Stasera il fuoco è gentilmente offerto da una tranquilla famigliola composta da:

✔ Adolescente con tenuta color arancio protezione civile

✔ Papà cuoco-taglialegna che sta cucinando dei funghi dall’ottimo aroma (non voglio pensare alla nostra scialba zuppa al pomodoro con le solite polpette rancide)

✔ Mamma imbranata che, dopo aver fallito nel dare fuoco ad un manico, c’è riuscita col pentolino sano. Abbiamo anche tentato di aiutarla ma era impossibile, continuava a creare disastri a catena, quindi, ci siamo rassegnate e siamo tornate ai nostri posti a goderci la scena.

Oggi alla fine siamo andate alle cascate. Non riusciamo a stare senza far nulla tutto il giorno. Partite belle fresche, riposate e combattive… siamo arrivate dopo soli 1,6 chilometri. Dopo aver scattato qualche foto, ci mettiamo a fare un piccolo pic-nic con mele e yoghurt. Quindi, decisamente insoddisfatte, ci trastulliamo tra gli schizzi d’acqua rimuginando sul da farsi.

Poi parte la proposta: “Fra, perché non continuiamo il sentiero? Solo un altro po’…”.

Ci siamo sparate dodici chilometri.

(“Oggi relax totale, non facciamo niente da mattina a sera, solo riposo”).  Non c’è verso, continuiamo a volerci massacrare nonostante già le condizioni fisiche stentino a tornare accettabili.

Fra: “Apri una pagina a caso del dizionario di anatomia… mi fa male”.
Me: “Apri una pagina a caso del dizionario medico delle malattie… ce l’ho”.

Anche se, in effetti, senza gli zainoni tutto prende un’altra piega. Si potrebbe dire, quasi, che abbiamo volato. Tranne nell’ultimo tratto, quando caviglie e ginocchia si sono gettate a terra. Il fatto è che abbiamo capito che la nostra casetta si trova esattamente al centro del PIENI-KARHUNKIERROS, cioè un piccolo percorso deviato da quello principale, che è prettamente turistico e si estende per soli dodici chilometri. Dunque, ci siamo dette… perché non dare un’occhiata ai dintorni? Ed in effetti ne valeva davvero la pena: dirupi e ponti nel vuoto dai panorami mozzafiato, romantici sentieri su laghi pieni di ninfee, flora in abbondanza e fauna, finalmente.

Abbiamo incontrato un’altra renna e stavolta non volevamo farcela scappare. Mollata la sporta, mi sono addentrata quatta quatta nella vegetazione, come un cacciatore esperto (ma con i pantaloncini, il che significa rimediando un mare di graffi e pizzichi in più) per fotografarla. Abbiamo persino trovato un cespuglio di ribes rossi, accanto ad un ruscello, dopo mucchi di delusioni (ci immaginavamo il sottobosco finlandese pieno di cespugli rigogliosi di frutti rossi da cogliere con i cestelli). Ci siamo subito fiondate a fare una pausa saccheggio (senza curarci minimamente della commestibilità, non saranno comunque più dannosi delle polpette).

Tra l’altro, ci siamo trovate a ripassare per il tratto di scale infinite che avevamo attraversato per arrivare fin qui (“Fra, quella panchina me la ricordo, mi ci sono fermata per cadere in coma, poi ho visto la luce, una voce mi ha detto “non è giunta la tua ora” e ho continuato a salire”). Non ci ricordavamo assolutamente l’ultimo tratto dopo il picco del belvedere, probabilmente le nostre anime si erano momentaneamente assentate per andare a contrattare la salvezza eterna ed erano rimasti i corpi vuoti a procedere per inerzia. È stato così bello goderci quel panorama riposate e libere da zavorre. 

Cascate
Acqua, corsi e ricorsi
Altre vedute mozzafiato
Me sempre in cerca di guai
Qualche altro ponte non guasta mai
Dove c’è uno strapiombo c’è casa
Il fiume non ci molla mai
La bellezza del Pieni Karhunkierros
Contemplazione

Tornate alla nostra dimora, dopo la bella passeggiatina, abbiamo ‘ritirato il bucato’ dal molo, e ci siamo fatte un tè, gentilmente offerto dal Campo Base.

Ed eccoci qui, davanti al fuoco in ciabatte, pile e impacchi di Voltaren.
Casa dolce casa.

Ore 21.58

Sacco a pelo nella tana delle streghe

Sdraiata sui sacchi a pelo nella nostra alcova, mi godo dalla finestra la scena dei due signori (mamma e papà) accucciati davanti al fuoco come due adolescenti.  La pioggia e il freddo pungente hanno mandato a TROJE (località realmente esistente nei paraggi) le nostre attività serali, quindi ci siamo rintanate a svolgere le solite attività erudite, come due benedettini nella loro celletta.

Il focolare
Tripudio di panni stesi
Trofei
Uno dei capisaldi delle nostre vite: la zuppa orribile

La zuppa di pomodoro era meno peggio di quel che pensavamo (o di quello a cui siamo abituate, più che altro) ma il portapranzo è stato una pessima idea: croste di sugo tenaci, che persino le rapide hanno faticato a trattare. Alla fine però è andato via tutto… anche il mio cucchiaio, miseramente trascinato dai flutti. Facendo un rapido controllo, mi sono accorta di come la situazione delle mie stoviglie sia notevolmente mutata dall’inizio del viaggio:

PRIMA

portapranzo in alluminio

cucchiaio

forchetta dritta

un manico

elastico

bicchiere

DOPO

portapranzo (in fuliggine)

cucchiaio (non pervenuto)

forchetta (storta)

✔ ✔ manici (due)

elastico (non pervenuto)

 ✔ bicchiere (YOU WIN!)

L’opzione delle stoviglie in ossa di animali si fa sempre più vicina.

Comunque, stiamo fremendo in attesa della risposta di Sofia, per capire il da farsi di domani (finora l’unica cosa certa ‘forse’ è il postino). Riporto lo scambio di SMS perché non ho nient’altro da fare:

ME&FRA: Hi! We’ve just finished our trekking and we must decide where to go tomorrow. Do you have any news?

SOFIA: Hi Francesca! I met one singer, Anna, today. She doesn’t have time tomorrow. I will film her on Thursday but she will leave Utsjoki the same day. Ulla, the other one, I will meet her on Thursday or Friday. What is your plan?

ME&FRA – Tomorrow we are leaving from Oulanka Park to go to Rovaniemi… can we reach you in Lapland on Thursday? Otherwise we’ll return to Helsinky. Let us know.

Non ha ancora risposto. Io nel frattempo continuo ad accecarmi, mentre fuori c’è un cielo luminosissimo, ma con pioggia e vento. È troppo chiaro fuori per dormire ma è troppo scuro dentro per leggere o scrivere.

Capisco perché sia pieno di pazzi.