Voci dal nord

Capitolo 3 – Quel ramo del lago di Khumo

«In Finlandia si parla poco, e si sorride ancora meno. Il popolo dei boscaioli vive nel terrore che qualcuno gli sorrida, perché in quel caso malaugurato il codice delle buone maniere lo obbliga a uscire dal bozzolo e rispondere al segnale».

(Paolo Rumiz, Trans Europa Express)

3 luglio 2013

Treno per Kajaani

Ore 7.20

Avviso dalla regia: Fra mi comunica che il primo paio di calzini sporchi è stato sganciato dall’equipaggio. Quelli gialli, per la precisione. (Siamo sempre generosissime con i nostri ospitanti, il resto mancia).

Eravamo rimasti al nostro rientro notturno da Rovaniemi.

Arriviamo in ostello morte, distrutte, sfrante, due catorci.

Tempo di usufruire di acqua corrente e sapone finché ne abbiamo l’opportunità, sistemare gli zaini e fare preparativi per la mattina successiva, ci infiliamo nel letto.

Mentre Fra piomba nel mondo dei sogni, io mi dilungo nel riscaldare al microonde il cibo che avevo comprato, convinta fosse cotto. Lo addento praticamente crudo.

Ore 6.30

Fra mi scuote dolcemente distogliendomi dall’intento di togliere una formica dal pane di segale… (siamo arrivate a questo tenore di sogni e manco abbiamo iniziato il viaggio).

Con grande rammarico scopro un nuovo originale dolore lancinante dietro la caviglia destra.

Era proprio quello di cui avevamo bisogno.

Così, cariche come mule e doloranti come battenti nel giorno del Venerdì Santo (“Crucifige, Crucifige!”) ci dirigiamo alla stazione ferroviaria.

Alle 7.30 del terzo giorno di viaggio diamo il nostro saluto alla ridente Oulu e ci dirigiamo finalmente verso la nostra missione: il Sommelo Music Festival a Kuhmo.

Nel frattempo vado a fare colazione.

Ergo: tento di finire i nauseanti wafer alla fragola frutto di un affrettato acquisto dettato dalla gola. Armi chimiche. Che orrore.

Pullmann per Kuhmo

Ore 11.15

Le due ore di treno per Kajaani si sono infine risolte in una dolorosa prova di resistenza: ingurgitare biscotti stucchevoli fino alla nausea, in quanto unico straccio di colazione reperita.

Nell’ultimo tratto mi concedo anche un modico sonno modello ghiro delle Baleari.

Mi sveglia Fra con le parole: “Siamo arrivate”.

Al che, sempre con l’agilità del ghiro, mi sollevo in piedi sul sedile, ancora in stato di dormiveglia, e tiro giù gli zainoni attentando più volte alla vita della signora del sedile dietro.

Scendiamo nella solita landa desolata, pronunciando esclamazioni di stupore e meraviglia come: “vedo che anche qui ci si diverte un sacco”, e ci dirigiamo allo sportello info della stazione.

Lo scopo è innanzitutto quello di rimediare delucidazioni circa il deposito bagagli di cui dovremo usufruire durante il percorso di trekking di Oulanka (programmato per il post-festival).

La scena che ci si presenta è degna dei migliori film tratti dai romanzi di Stephen King: stazione deserta tra i boschi consistente in casupola in legno dipinto di azzurrino. Silenzio totale, nessuna presenza nei paraggi eccetto impiegata dello sportello, personaggio abbastanza singolare a tratti inquietante.

Intratteniamo con quest’ultima una piacevole conversazione di circa un quarto d’ora per intenderci su un quesito elementare: per quanto tempo si può lasciare il bagaglio in deposito.

La discussione va avanti a suon di battute del tipo:

Fra: “Can I leave here the luggage for a week?”

Lei: “Yes, I am here…”

Fra: “Ok, but the luggage…for how many days…”

Lei: “Two euros every day…”

E via dicendo.

Alla fine, non so come, ci intendiamo, in un modo o nell’altro. Apprendiamo con piacere che possiamo lasciare il bagaglio per un massimo di tre mesi ed il costo totale è di 2 euro per tutta la durata del deposito. Siamo abbastanza sorprese da un simile costo ridotto e glielo chiediamo un’ultima volta per evitare errori. La tizia ci dice letteralmente: “We don’t need your money”.

Pienamente soddisfatte, utilizziamo il tempo di attesa del pullman in modo proficuo: sturbo di litrate di caffè, più tortina al rabarbaro. Bisognava rifarsi la bocca di quel mix chimico di fragole rancide.

Il baretto della stazione, sempre modello Stephen King, è popolato unicamente da due inservienti che masticano l’inglese come un pesce rosso mastica una biglia (vedi: “Vai tranquilla, in Finlandia tutti parlano l’inglese perfettamente”).

Mentre sorseggiamo il nostro caffè in pieno relax, Fra se ne esce con l’affermazione: “Ho una brutta notizia. Ho trovato un altro percorso di trekking, sono 240 Km…”.

Si capisce in partenza che il viaggio non finirà bene.

Ovviamente sono subito d’accordo.

Ora siamo qua, sedute in pole position sul pullman per il paese in cui si svolgerà il festival. Lì ci attende Noora, la ragazza che ci ospiterà per questi cinque giorni.

Ci godiamo come al solito il viaggio tra prove con il Tascam e occhiate furtive fuori dal finestrino, dove tra le solite schiere monoblocco di alberi, alberi e ancora alberi, spunta ogni tanto qualche cartello stradale di PERICOLO ATTRAVERSAMENTO RENNE.

Alzo la testa dal diario, guardo fuori e intravedo uno strano cartello indicante un uomo a cavallo.

Me: “Fra…dimmi che non è un pericolo di attraversamento uomini a cavallo…”

Fra: “Magari c’è un maneggio”

Me: “O un manicomio”

Fra: “Per i matti come i cavalli?”

Neanche finito di dirlo sale a bordo una tizia con tuta mimetica in divisa militare completa, capelli rasati e treccia arcobaleno che scende sulle spalle.

Tra renne e betulle.

Boh.

Arrivo alla stazione di Khumo

Kuhmo. Sommelo Music Festival

Bar del Kuhmo Arts Center

Ore 14.22

Eccoci, finalmente.

Sedute ad un tavolino a montare le attrezzature (registratore, videocamera, computer…) davanti all’immancabile litrata di caffè. I PASS-PRESS agganciati, la cartellina colma di volantini con programmi, orari e mappe, cominciamo subito a fare pratica. Assistiamo infatti ad un concertino di kantele qui nella hall a vetri del bar e tentiamo di fare riprese decenti, registratore permettendo.

Tra poco ci attende il seminario sul kantele, come ci informa Saara, la sorella di Noora che lavora qui al festival. Speriamo che sia meno strana della sorella, tanto carina e gentile ma con sbalzi di umore notevoli. Appena arrivate ci è venuta incontro con sorrisoni baci e abbracci per poi congedarci in modo freddo e sbrigativo una volta giunte a casa.

Boh.

Pullman per Petola

Ore 16.27

Ovviamente sono dovuta correre nell’aula in fretta e furia, con tanto di bibitone di caffè residuo, consumato in modo molesto durante il seminario.

Però è stato molto interessante e soprattutto in inglese (Deo Gratias). Ho preso anche parecchi appunti in un linguaggio misto italo-anglofono con tanto di disegni dei vari tipi di kantele e diciture fantasiose per sopperire ai nomi finlandesi (cfr. “Tizio”).

Appena arrivate al festival eravamo un po’ spaesate in realtà, ma poi abbiamo incontrato il cordialissimo Mr. Pekka Huttu, l’organizzatore con cui Fra aveva già avuto un lungo scambio di email, che ci ha introdotte nell’ambiente e ci ha fornito qualche dritta.

Abbiamo anche fatto la conoscenza di Maari Kallberg (se non hai almeno due vocali nel nome non sei nessuno) un’altra delle organizzatrici nonché cantante e studiosa di canti runici.

Terminato il seminario, ci apprestiamo ora a raggiungere la località nella quale si terrà il concerto del duo di kantele e voce Vonkale, con il pullmino del festival all inclusive nei Pass.

Casa di Noora

Ore 23.59

Il concerto a Petola è stato magnifico. Due ragazze, Ilona e Paulina, rispettivamente voce e kantele, hanno suonato brani originali di grande impatto.

Dopo questa peculiare performance per pochi intimi, tra i quali la signora vicino a me che ha più volte attentato alla vita del mio caro registratore, torniamo al Kuhmo Arts Center sulla riva opposta del lago, per proseguire col programma.

Prima però tappa fondamentale al supermarket per approvvigionamenti.

Apro una parentesi a favore dell’ubriacone che ce ne ha indicato uno aperto dopo aver constatato la profonda delusione sulle nostre facce per aver trovato il primo chiuso.

Giunte al festival tiro dunque fuori il coltello e mi metto ad affettare il pane… in bagno.

Boh.

Consumata la cena in condizioni improbabili, ci accomodiamo nella prima fila della splendida sala concerti, tutta in legno con luci soffuse. Sul palco si alternano diversi gruppi folk-revival più o meno accettabili. Noi riprendiamo con videocamera e registratore le cose che sembrano più degne di nota. La scaletta è la seguente:

  1. Saggio di kantele dei bimbi
  •  Cantante e suonatrice di kantele acustico in stile country-pop (la Shania Twain scandinava)
  •  Suonatori di kantele (quelli seri) che erano già intervenuti nel seminario del pomeriggio (iniziamo a ragionare)
  •  Altri suonatori di kantele (seri) che si esibiscono anche in un pezzo polivocale degno di nota
  •  Ubriacone estone con kantele da tavolo stile baretto di periferia. Stornelli da taverna a go go. Enjoy the SOL Maggiore
  • Duo di improvvisazione di kantele di Paulina con una ragazza lettone (Laima)

Dopo il mega concerto, ci spostiamo in un’altra sala più piccola in cui ci aspettano al varco i RUNOTRIO.

Fermateli.

Cioè, bravissimi, ma l’ambient runico alle nove di sera, forse, non è il massimo. Sarà che parto con il pregiudizio con quel genere di musica che decisamente non amo, ma sono apparsi un po’ fuori luogo, lontani anni luce dalla genuinità dei canti runici, oltre che decisamente soporiferi.

E dopo più di un’ora di tamburo a cornice lappone, diversi kantele suonati con tecniche differenti e batteria di percussioni elettrica (che c’entrava quanto Cristina D’Avena al concerto dei Rammstein) cambiamo location.

Giungiamo sulla riva del lago (“Quel ramo del lago di Kuhmo”) dove persone intente in un barbecue parlano giovialmente tra loro.

In finlandese.

Entriamo dunque nella tenda da campo-base allestita per la performance, la più bella della giornata, ripresa in malo modo causa drastico consumo pile su tutti i fronti.

Il duo vocale si esibisce in canti runici al centro della tenda, arredata con panche e teli dai ricami tipici, dando vita ad uno spettacolo di grande impatto pur nella sua semplicità.

Nel frattempo io mi do ad un forsennato cambio pile che tuttavia non dà i risultati sperati, e mi ritrovo ad armeggiare con il lettore mp3 pur di ottenere uno straccio di registrazione.

Ci riesco, in malo modo, ma ci riesco.

Dall’altro lato della tenda, noto che Fra intrattiene più o meno gli stessi passatempi con la macchinetta fotografica. Perfetto.

In realtà, prima di questa esibizione c’è da dire che il trasferimento sala concerto-tenda ha subito una deviazione. Abbiamo avuto il piacere di fare una passeggiata lungo il lago al tramonto, ammirando alberi, sculture di orsi e pazzi che facevano il bagno alla faccia dei 15°C.

Un po’ li ho invidiati e difatti è maturata in me la decisione fatale: domani mi metto il costume, e nell’ora più calda mi tuffo pure io.

Il ramo del lago di Khumo
Probabile metamorfosi di me e Fra tra qualche giorno

Durante il falò che ha preceduto lo spettacolo, abbiamo anche avuto il piacere di sedere accanto alla nostra amica Maari.

Prima di alzarci e rinunciare a comprendere uno straccio di parola.

Tutti molto cordiali.

Insomma, tutto sommato soddisfatte della prima giornata di festival, torniamo a casa di Noora con una voglia matta di sprofondare nel materasso.

Ecco… forse ci ha prese un po’ troppo in parola. Come facciamo per sederci sul letto veniamo letteralmente risucchiate… dal MATERASSINO GONFIABILE DA MARE che si celava infido sotto gli strati di lenzuola.

Ma il colmo arriva poi, quando il marito di Noora bussa per la terza volta alla porta della nostra camera (va bene la premura ma dopo un po’ cominciamo ad esagerare) e ci avvisa che: “Il materasso potrebbe perdere aria, ma in caso lì dietro c’è la presa per attaccarlo, e in caso rigonfiarlo verso le 4.00 del mattino, tempo di resistenza stimato…”.

Giusto il tempo di rimanere interdette e guardarci con facce la cui espressività non è descrivibile a parole, che scoppiamo in risate credo dettate da isterismo e autocommiserazione.

Me: “Fra, guarda il lato positivo… faremo un mare di sogni”.

Tanto il sole non manca mai.

Cerchiamo di adattarci e goderci a tutti i costi un briciolo di sonno. Dopo le notti in macchina (vedi: Pro-Memorie Cremonesi) e in treno… non sarà un misero canotto a fermarci.